mercoledì 27 febbraio 2008

Per il furto di identità, Maria Stuarda perse la testa!

Diciamocelo, non è certo un segreto, il furto di identità è sempre esistito. Fin dai tempi antichi era infatti il metodo più rapido ed efficiente per carpire informazioni e magari svelare piani militari segreti. Fingersi qualcun altro, prenderne l’identità, ascoltare…e il gioco è fatto! Nei secoli sono ovviamente cambiate le tecniche, le tecnologie, ma il concetto ahimé è rimasto lo stesso…immutabile e molto pericoloso. Se qualcuno prende la nostra identità ci carpirà notizie personali e riservate, e con queste, agendo a nome nostro potrà rovinarci letteralmente la vita.

Ne sa qualcosa la regina di Scozia, Maria Stuarda, caduta anche lei nel tranello del furto di identità, proprio quando, beffa del destino, il tranello voleva architettarlo lei a sua cugina Elisabetta I, regina di Inghilterra.

Vi riassumo rapidamente i fatti. Maria Stuarda, cattolicissima regina di Scozia, dopo l’ascesa al trono di Inghilterra della cugina Elisabetta I, di religione protestante, e dopo una serie di sciagure personali e giochi di potere andati male, fu imprigionata dalla sua stessa cugina perché considerata, diciamo, pericolosa per il trono. I cattolici inglesi infatti consideravano lei la legittima regina di Inghilterra ed Elisabetta, l’usurpatrice.

Chiusa in questo isolamento, fatto di solitudine e tristezza, dopo molti anni, fu contattata dal gentiluomo Anthony Babington, che stava organizzando una congiura per rovesciare Elisabetta I, considerata anticattolica e indegna occupante del trono.

Per Maria Stuarda si riaccese la speranza della libertà dopo anni di prigionia.

Con astuti stratagemmi, un corriere, tale Gifford, provvedeva a inoltrare le comunicazioni tra i congiuranti e la Stuarda, le comunicazioni erano tutte crittografate con il famoso “nomenclatore della Stuarda”, in pratica un alfabeto cifrante con l’aggiunta di un codice.



Tutto sembrava ultra sicuro in caso di intercettazione dei messaggi.

Ma quello che la Stuarda e il clan dell’aristocratico Babington non sapevano, era che Gifford recapitava i messaggi prima a Sir Francis Walsingham, ministro di Elisabetta I, che li passava in copia all’abilissimo crittoanalista Phelippes, che usando il metodo delle frequenze svelò rapidamente il codice segreto e lo rese facilmente decifrabile.

Ma Walsingham e Phelippes fecero di più, non si accontentarono di leggere la corrispondenza della Stuarda e dei complottisti…le rubarono l’identità.

Aggiunsero, imitando perfettamente la scrittura di Maria Stuarda, delle postille alle sue lettere, ovviamente con frasi e domande mirate per conoscere tutti i dettagli del piano ed i nomi di chi ne faceva parte. Poi attesero con implacabile pazienta le risposte che giunsero puntuali.

In pratica i congiuranti si erano autocondannati, fornendo nomi e dettagli ai loro aguzzini.

Furono presi tutti. La condanna fu terribile e non mi starò a dilungare in descrizioni per rispetto agli stomaci più deboli.

Maria Stuarda fu processata e anch’ella condannata. Per lei ci fu la decapitazione.

La crittografia non era bastata, anzi, le si era ritorta contro. La sua identità, abilmente sottratta, era servita a svelare tutto. E tutto era perso. Cercò invano di negare ogni coinvolgimento, ma le prove erano schiaccianti. Immagino la grande sorpresa che ebbe quando le sue lettere furono mostrate e riconobbe le postille aggiunte da Phelippes… che l’avevano incastrata.

La sentenza fu eseguita l’8 febbraio 1587. Vittima degli intrighi di corte e della sua identità perduta.

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